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Pearl S. Buck, "La buona terra", 2015, Mondadori |
Pearl S. Buck pubblicò il libro “La buona terra” nel 1931,
si aggiudicò il premio Pulitzer nel 1932 e vinse il Nobel per la letteratura nel 1938.
Il libro è ambientato in Cina (dove la scrittrice statunitense visse dall’infanzia
fino al 1934) all’inizio del ‘900 e racconta la storia di Wang Lung (un povero coltivatore),
della sua famiglia e soprattutto della sua terra. Il protagonista inizialmente,
su consiglio della moglie O-Ian, compra un piccolo pezzo di terra, che sotto la
cura e il pesante lavoro della coppia, comincia a dare i suoi frutti. Diverse
vicende si susseguono nel libro durante gli anni: la semina (in particolare il
riso), la difficile irrigazione, la siccità, le inondazioni (a volte benevole e
a volte dannose), ma in un modo o nell’altro la famiglia riesce a venirne fuori
grazie all’amore per la “terra”. Wang Lung in questo modo si arricchisce sempre
di più fino a diventare un ricco proprietario terriero e a potersi così
permettere una famiglia numerosa.
Il tema centrale del libro è proprio la terra,
intesa come madre che nutre e garantisce la vita all’uomo che sa
onorarla con il paziente lavoro. Non si può far altro che amarla ed alimentarla
con l’acqua, altrimenti ci sarà sofferenza. L’amore per la terra entra nelle
ossa e nel sangue: la cultura cinese infatti lo identifica come l’energia più
profonda. È dalla terra che deriva il benessere, l’unione della famiglia, le
tradizioni più sacre, le virtù delle generazioni passate e le speranze di
quelle future.
Di seguito possiamo leggere una delle citazioni più importanti
di questo libro:
“Quando si comincia a vendere la terra […] è la fine di
una famiglia. Dalla terra siamo venuti, e alla terra dobbiamo tornare… Se
conserverete la terra, vivrete… Nessuno potrà mai portarvela via…” (cap.
XXXIV, 1998, p.291)
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